Il Fantasy

Il Fantasy

SOGNO O SON DESTO? di Simona Sentieri

Un artista che fa fantasy è un po’ come un ritrattista che fa caricature, ma poi, perché no? Per fare caricatu-re, ci vuole una buona mano, un occhio critico e tanta fantasia. C’è forse un limite, limitatorio, limitante, in arte? Ecco, io consiglierei a tutti gli artisti che si dedicano alle arti visive e alla scrittura, di fare un viaggetto nel Fantasy.
Forse si arriva anche a pensare: ma quanto tempo ho perso, quanto gioco mi sono sottratto, nel fare le cose troppo sul serio? Perché il fantasy in realtà è serissimo, è solo “diversamente serio”.
Prima di Harry Potter, già il Sommo Poeta lo era, un personaggio fantasy. A suo modo, la Divina Commedia fu un vero fantasy-letterario, illustrato tra l’altro in maniera magistralmente fantasy dal grande Gustav Dorè.
È stato il mio primo approccio all’illustrazione fantasti-ca, quando avevo circa 10 anni. Topolino non mi “acchiappava”.

Quindi mi faccio delle domande. Non è fantasy la Porta dell’Inferno di Rodin, che lo ossessionò tutta la vita? Oppure lo stesso Goya coi suoi disegni di mostruosi esseri umani? E il Decamerone, il Don Chisciotte, oppure Agilulfo & company nel Cavaliere Inesistente, il Barone Rampante o il Visconte Dimezzato… visto che oggi si parla tanto di Italo Calvino. E ancora, Dalì, che non si considerava un surrealista ma un delirante, quanti personaggi ha dipinto, e quanti paesaggi e storie fantasy?
Non è forse onirico il fascino che aleggia quando ammiriamo un’opera impressionista oppure astratta che sia di Degas o di Rothko? Non è forse l’immaginazione che ci fa viaggiare? Non è forse l’immaginazione quel cocchio dorato su cui arriva a trovarci, trainata da unicorni bianchi, la fantasia? Potrebbe anche essere,perché no? Io così mi immagino che giunga a noi la fantasia.


Il Fantasy è il gioco serio del surrealismo, è il delirio dell’astrattismo, la ribellione del minimalismo, la legge-rezza dell’iperrealismo, il tuttotondo del fumetto.
Leggiamo su internet che “per fantasy si intende un genere in cui gli elementi fantastici prevalgono su quelli realistici”. Ma allora tutto é fantasy. Da sempre. Dalle facce scomposte di Picasso, alla Proserpina del Canova, dal San Girolamo di Caravaggio alla Gioconda. Potrei sostenere che tutto quello che l’arte ha rappresentato fino ad oggi sia un fantasy, a cominciare persino dalla Nike di Samotracia: chi ha mai visto realmente una donna con le ali?
Ecco, usciamo nel mondo e vediamo ingiustizie, guerre, distruzione globale… gli elementi realistici diventano un fantasy horror.
Si, chiedo a coloro che sorridono di fronte a un fumetto fantasy, a un racconto fantasy, di non essere tanto certi che non si sia mai vista una cosa simile, di non sorridere pensando che il fantasy sia un’espressione in-feriore dell’arte o una cosa impossibile a vedersi, forse non si sono semplicemente accorti che la fantasia è par-te fondamentale di un’artista e della vita stessa. L’artista è parte fondamentale di una società, lui dice sempre la verità.
Nessuno dimentichi che giocare è una cosa seria. La fantasia è la spinta che fa muovere grandi artisti, grandi imprese, persino lo scienziato senza fantasia non avreb-be scritto la regola sulla relatività.
…o forse è tutto immaginario…?
…forse è tutto un sogno…
Perché no?

Lo Steampunk

Lo Steampunk

Cos’è lo Steampunk?
Secondo Wikipedia lo Steampunk è “un filone della narrativa fantastica, e più nel dettaglio di quella fantascientifica, che introduce una tecnologia anacronistica all’interno di un’ambientazione storica, spesso il XIX secolo e in particolare la Londra vittoriana”. Conan Doyle, H. G. Wells e Jules Verne sono considerati i creatori della matrice Steampunk. Altra fondamentale definizione è “come sarebbe il futuro se fosse arrivato prima.
Il termine steampunk è stato coniato dallo scrittore di fan-tascienza K. W. Jeter prendendo spunto dalla definizione cyberpunk, a sua volta creata da Bruce Bethke come titolo per il suo racconto Cyberpunk, pubblicato nel 1983. Jeter (autore di Le Macchine Infernali, da cui un film prodotto da Peter Jackson), necessitava di un termine che definisse le opere di Tim Powers ma anche le proprie, sostituì quindi cyber con steam, vapore, simbolo della nascente era industriale.


Quale forza?
L’impressionante capacità evocativa e forza narrativa di questa composizione letteraria è stata tale da conquistare il diritto di potersi definire genere. Ma la sua potenza è andata oltre. Se la fantascienza non ha un riferimento visi-vo unico o specifico e se il fantasy semplicemente riprende con necessarie ma minime variazioni quello di mondi medievali, lo Steampunk è riuscito a forgiare un immaginario nuovo e originale. Gli abbigliamenti partono da un impianto base di stile vittoriano a cui si aggiungono aggeggi meccanici per ingioiellare e impreziosire il tutto, inseriti però in modo bizzarro e ancor più casuale. Il gioco della decontestualizzazione è sfrenato. Operai e operaie vanno in fonderia indossando abiti da sera riadattati, ricconi e piloti indossano completi da campagne d’africa, scalatori utilizzano mute da subacqueo attrezzate da montagna e cuochi vestono camici da chimici di laboratorio.


Le architetture
Le architetture sono una miscela di costruttivismo che poggia su uno sfarzoso liberty. Nei casi più brillanti i due stili sono mescolati creando un paradosso gravitazionale: gli edifici si slanciano verso l’alto ma con tipica solidità costruttivista. I ghirigori dell’art nouveau girellano gioiosa-mente tra labirinti strutturali e solenni stereotipi scultorei come da propaganda sovietica.


Macchine e gingilli
Le macchine, di cui molte volanti mentre altre ad uso per passeggiate domenicali sott’acqua, sono poco pratiche e scomode, piene di pomelli e maniglie che seguono tutte leggi contrarie ai più basilari principi ergonomici. Le strutture meccaniche risultano non compatibili con un’abilità umana, sembrano che abbiano una loro vita tutta autonoma. L’uomo entra nel sommergibile ma deve subito avere la sensazione di doversi adattare a qualcosa, non viceversa. Lo sfoggio di edifici spettacolari quanto case fumettose di un parco a tema, le macchine stravaganti (sovra o sottodimensionate), non sono lì per esaltare o celebrare l’operosità umana. Al contrario, sono testimoni di una entità vivente urbana che convive coralmente con gli urbani senza però riuscire a trovare una comune chiave musicale.


Distopico universo
Questo meraviglioso ultramondo, stramondo e ipermondo nasconde un’altra contraddizione pregna di coerenza logica: la distopia. Come fa un universo così colorato, così vario e spensierato, così lanciato verso un futuro radioso grazie a navi volanti ipo-tecnologicamente avanzate, come riesce questa immensa parata carnevalesca a risultare distopica? Semplice: è la stessa ragione per la
quale il Paese delle meraviglie nasconde lati oscuri, tremendi, pericolosi, inospitali ma da cui tutti siamo attratti solo per poter poi inseguire il bianconiglio.


Storie di avventure
In questo habitat pieno di varianti le storie che nascono quasi tutte seguono il tracciato dell’avventuroso, della ri-cerca e della tecnologia che accompagna l’uomo nelle più intrepide azioni. Di 20.000 leghe sotto i mari o Viaggio sul-la luna entrambi di Verne rimane la meraviglia della natura raggiunta grazie a una tecnologia esplicitamente non all’altezza della situazione, facendo così ideale compagnia all’uomo che mai è all’altezza delle imprese che si mette in testa di affrontare.
Questo insegna lo Steampunk: il limite è quella linea d’orizzonte che va travalicata. L’impressionante capacità evocativa e forza narrativa di questa composizione letteraria è stata tale da conquistare il diritto di potersi definire genere. Ma la sua potenza è andata oltre. Se la fantascienza non ha un riferimento visivo unico o specifico e se il fantasy semplicemente riprende con necessarie ma minime variazioni quello di mondi medievali, lo Steampunk è riuscito a forgiare un immaginario nuovo e originale. Gli abbigliamenti partono da un impianto base di stile vittoriano a cui si aggiungono aggeggi meccanici per ingioiellare e impreziosire il tutto, inseriti però in modo bizzarro e ancor più casuale. Il gioco della decontestualizzazione è sfrenato. Operai e operaie vanno in fonderia indossando abiti da sera riadattati, ricconi e piloti indossano completi da campagne d’africa, scalatori utilizzano mute da subacqueo attrezzate da montagna e cuochi vestono camici da chimici di laboratorio.


Le architetture
Le architetture sono una miscela di costruttivismo che poggia su uno sfarzoso liberty. Nei casi più brillanti i due stili sono mescolati creando un paradosso gravitazionale: gli edifici si slanciano verso l’alto ma con tipica solidità costruttivista. I ghirigori dell’art nouveau girellano gioiosamente tra labirinti strutturali e solenni stereotipi scultorei come da propaganda sovietica.


Macchine e gingilli
Le macchine, di cui molte volanti mentre altre ad uso per passeggiate domenicali sott’acqua, sono poco pratiche e scomode, piene di pomelli e maniglie che seguono tutte leggi contrarie ai più basilari principi ergonomici. Le strutture meccaniche risultano non compatibili con un’abilità umana, sembrano che abbiano una loro vita tutta autonoma. L’uomo entra nel sommergibile ma deve subito avere la sensazione di doversi adattare a qualcosa, non viceversa. Lo sfoggio di edifici spettacolari quanto case fumettose di un parco a tema, le macchine stravaganti (sovra o sottodimensionate), non sono lì per esaltare o celebrare l’operosità umana. Al contrario, sono testimoni di una entità vivente urbana che convive coralmente con gli urbani senza però riuscire a trovare una comune chiave musicale.


Distopico universo
Questo meraviglioso ultramondo, stramondo e ipermondo nasconde un’altra contraddizione pregna di coerenza logica: la distopia. Come fa un universo così colorato, così vario e spensierato, così lanciato verso un futuro radioso grazie a navi volanti ipotecnologicamente avanzate, come riesce questa immensa parata carnevalesca a risultare distopica? Semplice: è la stessa ragione per la
quale il Paese delle meraviglie nasconde lati oscuri, tremendi, pericolosi, inospitali ma da cui tutti siamo attratti solo per poter poi inseguire il bianconiglio.


Storie di avventure
In questo habitat pieno di varianti le storie che nascono quasi tutte seguono il tracciato dell’avventuroso, della ricerca e della tecnologia che accompagna l’uomo nelle più intrepide azioni. Di 20.000 leghe sotto i mari o Viaggio sulla luna entrambi di Verne rimane la meraviglia della natura raggiunta grazie a una tecnologia esplicitamente non all’altezza della situazione, facendo così ideale compagnia all’uomo che mai è all’altezza delle imprese che si mette in testa di affrontare.
Questo insegna lo Steampunk: il limite è quella linea d’orizzonte che va travalicata.

La Fantascienza

La Fantascienza

Dovessimo definire la fantascienza in poche parole, potremmo descriverla come una straordinaria avventura dell’intelligenza e della fantasia. Sono questi due cardini fondamentali per lo studio e lo sviluppo di qualunque cultura, così come l’immaginario tecnologico e la tensione verso l’ignoto sono due stimoli imprescindibili per un viaggio di progresso dell’umanità.
Eppure la letteratura fantascientifica sconta una sempiterna considerazione di subcultura infantile. Anche nel cinema, nonostante capolavori di successo come 2001 Odissea nello spazio o la saga di Star Wars, il genere rimane sottovalutato, appesantito probabilmente da un lato dalle tante versioni puerili dell’invasione aliena modellate su “La guerra dei mondi” di H.G. Wells, dall’altro dall’idea prevalente negli ultimi anni per la quale ogni alternativa utopica al presente porterebbe alla catastrofe.
Al contrario, la fantascienza autentica, quella che ha fatto sognare e, perché no, riflettere le tante generazioni da Meliés in poi è quella adulta, irridente e sovversiva, quella che esplora i momenti nei quali la fantasia umana si è spinta oltre i confini del convenzionale, ha descritto in forme metaforiche o allegoriche il mondo in cui viviamo suggerendo un modo di non subirlo adattandovisi bensì di superarlo, quella che narra di sistemi e di economie universali, di società complete e conflittuali: in altre parole utopie, tanto necessarie in quanto ferreamente ancorate alla contemporaneità.


La letteratura fantastica è stata testimone, a volte fedele altre ambiguo, delle grandi speranze e dei grandi in-cubi che hanno caratterizzato il Novecento: l’idea che tutto sarebbe certamente cambiato appropriandosi del “molto che si inventa” a favore dell’umanità, gli ideali di riscatto e libertà, l’inevitabile uscita dalla “preistoria umana”, tutto spazzato via dalla globalizzazione di un capitalismo selvaggio che ha imposto sogni di plastica e desideri fasulli allargando sempre più la forbice ricco-povero e soprattutto dai terrificanti macelli delle due guerre mondiali.
Eppure, in un mondo soggiogato dal pensiero dominante di un presente immutabile (nel cuore dell’Impero, direbbe Asimov) si annida sorniona una “quinta colonna” che offre una via di fuga e suggerisce sogni non omologa-bili, fedele al fatto che la buona science-fiction è per natura sovversiva, foriera di altri mondi, migliori o peggiori che siano. Come scriveva Theodore Sturgeon: “Lo scopo della fantascienza è svegliare il mondo sull’orlo dell’impossibile (l’orlo della Fondazione, sogghignerebbe ancora Asimov, nda) e quindi, nel bel mezzo della sto-ria, studiare e cercare di scoprire qualcosa di nuovo, con la passione dello scienziato che esamina il suo esperimento o di un amante che guarda la persona amata”.


Nessuno è riuscito a descrivere questo orlo dell’impossibile meglio di Stanley Kubrick quando, già nel 1968, con una scena memorabile del suo capolavoro, ci ammonisce sulla progressiva robotizzazione dell’uomo e corrispondente umanizzazione dei robot: “… la mia mente svanisce… non c’è alcun dubbio… lo sento… ho paura… Buongiorno signori, sono un elaboratore HAL 9000, entrai in funzione alle officine HAL di Urbana nell’Illinois, il 12 gennaio 1992… Il mio istruttore mi insegnò anche a cantare una vecchia filastrocca: giro giro tondo… io giro intorno al mondo…” (la disattivazione del computer “ribelle” in 2001 – Odissea nello spazio, 1968). Questa idea di progressiva umanizzazione/robotizzazione è la stessa che ha spinto un autore sensibile come Isaac Asimov a dettare, dopo le tre famose leggi della Robotica, anche quelle dell’Umanica.
Cristalli sognanti (T. Sturgeon), penultime verità (P. Dick), persistenze della visione (J. Varley), metalli urlanti (Moebius), sono tutte visioni pericolose, ma per costruire un altro mondo bisogna avere grandi progetti. “Per conquistare il futuro bisogna prima sognarlo” (M. Piercy) e poiché la componente di ogni rivolta autentica, insieme alla disperazione, è la speranza di conquistare un futuro, tanto vale rischiare per uno troppo grande per essere con-tenuto nel mondo attuale.
Un futuro che può anche permetterci di osservare il nostro mondo dal punto di vista del mito, di un luogo nel quale si narra che abbia avuto origi-ne l’avventura umana che nel presente del tempo narrativo si svolge tra stelle, pianeti e asteroidi, a bordo di straordinarie navi spaziali. Un ribaltamento di prospettiva assai intrigante che pone interessanti quesiti etici.
Non si può negare che anche la fantascienza sia stata in buona parte risucchiata nel vortice dell’”immaginario unico”, non a caso da tempo si intravvedono pochi temi e nomi nuovi, ma è sempre in corso una sorta di “guerra dei sogni” nella quale è necessario resistere perché, se è vero che “un popolo che dimentica il suo passato non può avere futuro”, è altrettanto vero un paradosso che appare tale solo a chi non abbia confidenza con le utopie: un popolo che dimentica il proprio futuro, non ha né un presente né una speranza.

Il programma de L’Artifestival

Il programma de L’Artifestival

L’Artifestival 4° edizione 2023 torna con 3 temi fantastici: la Fantascienza, lo Steampunk e il Fantasy.
sabato 7 e domenica 8 dalle 11:00 alle 18:00
sabato 14 e domenica 15 dalle 10:00 alle 18:00

Masterclass e laboratori gratuiti, non c’è bisogno di prenotazione.

Incontri, arte, sollecitazioni, master class e laboratori saranno l’anima di quello che ormai è un appuntamento imperdibile nel panorama della formazione, della conoscenza e dell’universo artistico contemporaneo.

Programma

PROGRAMMA
SABATO 7 OTTOBRE 2023

Ore 15:00
Inaugurazione

Ore 15:00
Set fotografico
Flashmob (partenza ore 14:30 dalla stazione Piazzale Marconi) con i coslplayer Steampunk e set fotografico con una repliche dei primi modelli d’auto.

Ore 15:30
MASTERCLASS: Il papà di Lucas e Spielberg.
Incontro con il Museo Karel Zeman di Praga. Karel Zeman è uno Spielberg d’altri tempi, inventore di effetti speciali ancora insuperati. Incontreremo uno dei responsabili che hanno dato vita a uno spazio dedicato al grande regista ceco. Come portano avanti l’attività? Quali attrazioni hanno creato per il pubblico?

DOMENICA 8 OTTOBRE 2023

Ore 10:30
LABORATORIO: lavorare con il legno e il rame.
Entra nel mondo dello scultore Palmiro Incerti, esperto nella manipolazione di materiali come il legno e il rame.
Un laboratorio ideale per bambini e ragazzi, ma dove anche gli adulti troveranno la propria dimensione.

Ore 15:00
Masterclass: Telegramma per gli Alieni!
Daniela De Paulis gestisce il progetto Sign of Life e consiste nella trasmissione di un messaggio extraterrestre simulato come parte di una performance dal vivo, utilizzando un veicolo spaziale dell’ESA come sorgente celeste. L’obiettivo del progetto è quello di coinvolgere la comunità mondiale di Search for Extraterrestrial Intelligence, professionisti di diversi settori e il pubblico più ampio, nella ricezione, decodifica e interpretazione del messaggio

Daniela De Paulis, Artist in Residence presso il SETI Institute e Artist in Residence presso il Green Bank Observatory, è l’artista responsabile del A Sign in Space un progetto interdisciplinare, in collaborazione con SETI Institute, European Space Agency, Green Bank Observatory e INAF, Istituto Nazionale di Astrofisica.

SABATO 14 OTTOBRE 2023

Ore 10:30
Laboratorio: Giochi di Ruolo + sessione

Riccardo Seregon Barbato è un Dungeon Master molto attivo a Modena. Dopo un’introduzione storica su cosa sono e come sono nati i GDR, farà partire una sessione di gioco, con regole, personaggi e indicazioni per poter vivere un’esperienza di viaggio oltre il reale.

Ore 15:00
Laboratorio: Tracce di viaggio
Tracce di viaggio fonde la scrittura con un percorso esperienziale e di approfondimento interiore. Nulla di esoterico o spirituale, al contrario molto concreto e fattivo. L’idea è quella di simulare un viaggio attraverso tecniche di approfondite da Susi Alberini (psicomotricista) ma non prima di aver dotato gli allievi degli strumenti base per una buona narrazione con Daniele Lunghini (Scrittura Fantastica)

DOMENICA 15 OTTOBRE 2023

Ore 10:30
Laboratorio: Scrittura Fantastica
La scrittura riesce a svelare universi sconosciuti. Il vero segreto è che sono già tutti dentro di te. Basta solo scovarli.


Ore 15:00 (sala conferenze)
Laboratorio: Fare cinema col cellulare
Ettore Di Gennaro ti accompagnerà per un percorso che accorcia le distanze fra ideazione e realizzazione e restituisce la freschezza dell’intuizione autoriale. Complice una maggior voglia di libertà autoriale, una voglia di indipendenza il fascino degli smartphone come oggetti creativi sta ammaliando registi in tutto il mondo dai 20 agli 80 anni. Lo strumento è solo una scelta dell’autore ma la base resta e resterà sempre il racconto e la sua interpretazione.

Ore 15:00 (sala palco)
Laboratorio: Teatro
Immergiti nel mondo parallelo vissuto da personaggi che solo tu potrai far rivivere. Mettiti alla prova e migliora le tue tecniche espressive.

Uno sguardo alle opere L’Artifestival

Uno sguardo alle opere L’Artifestival

Mancano solo due settimane (sabato 22 e domenica 23 ottobre  – TECNOPOLO – Reggio Emilia) all’evento artistico dell’anno dedicato per questa edizione al caos. Diamo una prima occhiata alle opere che saranno esposto: www.lartifestival.org

Uniforme conforme – Deda Artusi

Il caos sembra essere un multiverso di sfumature infinite. In uno di questi si parla della sua levità e ci è dolce constatarlo nella tela di Deda Artusi, che ne scopre una versione soave e scompigliata. Il caos, per Deda, è un leggero e robustissimo velo che solo lui può svelare conflitti ordinati e pace disordinata, speranze e valori, sogni e incubi. E’ un caos che protegge, un disturbatore radar a protezione delle proprie debolezze. Il lavoro di Deda è una notevole prova di tecnica e di abilità pittorica che trova nel viso di questa donna matrona e protettiva uno zenith artistico e concettuale. Il tratteggio incisivo della una mano dalla forte personalità artistica ci propone un viso dalla limpida e ipnotica espressività. La donn,a colta nel suo allargare la propria veste, scopre il proprio mondo pieno di tanti mondi. La visione di Deda imbastisce un’allegorico dialogo tra visi pregni di tumultuosi pensieri, foreste immersive e un gufo, mediatore tra memoria e desideri. Nella letteratura del caos Deda ha scritto i suoi versi nella sezione “poesia”.

Anima e corpo – Simona Rovesti

“Un negativo prima di un positivo” disse Tyrell a Deckard nella mitica scena del film di Scott. E questo è quello che ha fatto Simona, un negativo prima di un positivo. “Qui c’è stato caos” rende manifesto l’opera di Simona, “ne potete riconoscere le orme”.
L’impatto visivo produce quella paradossale emozione estiva del risucchio di onde marine. E’ quello che non vediamo ma che sentiamo che Simona mette in scena, tanto invisibile quanto accecante. Di nuovo quell’eco…”Qui c’è stato caos”, così come l’odore di terra umida ci svela che qui c’è stato un temporale o una zattera ci suggerisce che qui c’è stata una tempesta. Il battito di farfalle nella foresta, dopo aver scatenato un temporale in città, cambia verso e scatena una pace idilliaca tra mente e fisicità, tra uomo e natura, interiorità e ambiente. Simona è un’abile naturalista, scenografa di biologie emotive che ci invita a vedere la sua pregiata collezione di farfalle, eterne custodi di caos e di pace.di Scrittura Fantastica

Ilmatar legend – Simona Sentieri

L’impressionante trama di storie in forma fisica e cromatica che la tecnica di Simona Sentieri  accompagna tutti i suoi lavori trascina dove non eravamo mai stati prima. I mondi che affastella generano armonia e a quel punto ci si chiede dove sia il caos. E l’occhio è obbligato a compulsarlo agli estremi della frontiera, tra orme di cerchi, tracce di segni, linee di tessuto che tragittano pensieri e suggestioni tra un angolo e l’altro. Esplorati i confini, ci avviciniamo al centro, dove una grande muraglia circolare nasconde un tesoro di viso, che ha la capacità di riggettarci oltre i confini alla ricerca del caos che non troviamo, lì, sulla tela. Perché seguendo le indicazioni dell’opera provoca l’uscita dai territori appena conosciuti per portarci a quelli misteriosi dentro di noi. Ecco trovato il caos. 

AA cercasi – Palmiro Incerti

Con A(ndare) A(vanti) Incerti ci proietta il suo caos attraverso il perno di un chiodo. Appuntato tra il parietale e il frontale del cranio, il chiodo ferma tutto e raccorda un insieme personalissimamente anarchico di lettere e segni non codificati, bloccando l’eterno sommovimento delle attività neuronali impressionandole su una stampa metallica in formato panoramico. Palmiro rende il caos visivamente distinguibile grazie alla sua visione ad ampio spettro, dotata di tempi di scatto millesimali. Così funziona il suo occhio-obiettivo, una sintonia tra luce e mani che modellano una forma del caos. Con scaltrezza modellatrice Palmiro esclude tutto ciò che è ordinario e scolpisce l’autoritratto su una lastra dalla fisicità bidimensionale ma dall’anima profondamente tridimensionale. Se guardate la foto qui sopra vedrete sulla sinistra il negativo del caos, sulla destra la stampa: se le sovrapponete, non scoverete più le differenze.

Il caos esiste e non esiste

Il caos esiste e non esiste

Se lavorassi per Settimana Enigmistica come cruciverbista e mi trovassi ad aggiungere la parola caos, a quel punto dovrei trovarne la definizione e senza incertezze inserirei questa: “Esiste e non esiste”. Inoltre userei l’accortezza di omettere l’avverbio “contemporaneamente”, perché la semplice aggiunta contraddirebbe in partenza il mio concetto di caos, riconoscendo cioè che ci sono margini per valutare questa ubiquità come anomalia. Esiste e non esiste, punto. Ma perché?

Dal punto di vista della natura il caos non è mai stato contemplato nella sua generale progettualità, non ha mai fatto parte della sua road map. Nulla di ciò che la natura ha creato prevedeva il caos, al contrario tutto è preordinato e prevedibile. Perfino il caso è un elemento previsto, programmabile ed essenziale nel flusso espressivo dei prodotti della natura. Il polline che svolazza nell’aria per andare poi a depositarsi chissà dove, i terremoti ancora senza possibilità di previsione, le correnti d’aria folli e senza guida etc. etc.. Gli eventi che stanno segnando il nostro tempo stanno lì a dimostrarlo, tutti i disastri ecologici sono nulla di più prevedibile, il cui allarme fu già dato addirittura circa duecento anni fa da vari naturalisti biologi. Tutto, nella natura, è prevedibile.

E’ dal punto di vista dell’uomo che il caos esiste e non esiste. Si parte dal fatto che lo abbiamo inventato noi nel momento in cui è fiorita una coscienza la quale non riusciva comunque a comprendere le cose. Ciò ha partorito il concetto di caos, un pensiero che aveva un effetto tranquillizzante e confortevole appunto grazie all’effetto comprensione. Nella realtà vista dalla coscienza il caos esiste sempre e ovunque. Quando però la razionalità ha preso il sopravvento e ha donato al caos un senso, l’uomo ne ha dovuto provare gli effetti venefici, trovandosi in conflitto con il proprio innato desiderio di stabilità. L’uomo ha quindi dovuto subito negarlo dandogli, di volta in volta, una spiegazione, una giustificazione, una coordinata, in modo da non cadere nel panico dell’incomprensibile, vero motore della paura interiore.

E’ a questo punto che interveniamo noi, biologi delle metafore, linguisti dei segni, architetti di storie per donare titoli e funzionalità a questo caos, creando moderni graffiti dedicati a questo oscuro, bizzarro, lunatico, umorale e volubile compagno di viaggio con l’intenzione di farne un ritratto.

Per poi scoprire, alla fine, che ha il volto di chi lo rappresenta.