È superfluo dire quanto possa essere difficile e presuntuoso tradurre col limitato linguaggio dell’immagine lo sconfinato mondo dell’immensa cultura dantesca narrataci dal poeta col mezzo espressivo più ampio a disposizione dell’uomo: la parola. Questo strumento non conosce limiti o confini, può volare altissimo o vagare nelle profondità degli abissi, può esprimere qualunque cosa la nostra mente possa immaginare, reale o fantastica che sia, molto più di qualunque quadro, scultura o fotografia. Non contento di ciò Dante si è anche ingegnato ad inventarsi un gran nu-mero di parole nuove che potessero esprimere meglio la complessità dei suoi pensieri, con questo arrivando ad arricchire enormemente il lessico dell’allora ancor giovane lingua italiana.
Ma io non credo che si debba parlare di presunzione nel caso di questa animosa pattuglia di artisti de L’Artificio della quale faccio parte, che fra l’altro si avvale anche di un agguerrito drappello di scrittori, perché in verità l’unica cosa che siamo certi di possedere in comune col genio fiorentino è il grande desiderio di conoscenza. Per noi affrontarlo non significa tradurlo, insegnarlo o spiegarlo, al contrario noi vogliamo studiarlo, conoscerlo, interrogarlo, convinti che seguendo il suo percorso potremmo alla fine arrivare a cose che non sapevamo neanche di cercare. Vogliamo an-che scoprire se sia vero che una sua commemorazione dopo tanti secoli abbia ancora senso, se sia ancora attuale e come ci possa essere utile.
Sappiamo bene, una nutrita schiera di critici letterari ce lo ha spiegato, che la Commedia è un viaggio attraverso le reali, o presunte tali, condizioni dell’eterna storia dell’uomo, delle sue scelte, dei suoi conflitti e dei suoi princìpi. Dante lo fa interpretando con suprema arguzia l’intera moltitudine degli aspetti nei quali si presenta la fatidica domanda sul significato dell’esistenza del male e la sua straordinaria risposta consiste in quella salvezza che all’uomo può derivare solo dalla Canoscenza, strumento fondamentale per un buon uso di quel libero arbitrio che ci pone immancabilmente di fronte alle nostre responsabilità. Conoscenza, s’intende, immanente ma anche trascendente: per questo l’intera opera dantesca è un compendio di scienza, storia e teologia insieme, declinate ai massimi livelli possibili per l’epoca. Stiamo parlando di un intellettuale universale.
Quanto sia importante questa idea lo possiamo toccare con mano concretamente oggi, purtroppo per noi, in un momento storico nel quale rozzezza e ignoranza sembrano aver messo alle corde artisti e intellettuali che si trovano inopinatamente ai margini della società, persino derisi, la scienza ha perso buona parte della sua capacità di infondere sicurezza, la scuola è maltrattata e gli insegnanti vituperati (pensare che in Giappone l’unica categoria di persone che non era obbligata ad inchinarsi davanti all’Imperatore era proprio quella degli insegnanti). Il rischio che stiamo correndo è inimmaginabile.
Tutti gli eventi che L’Artificio organizza sono un moto di ribellione a questo stato di cose, ma questo forse più di tutti grazie al lascito dell’Alighieri che ormai è talmente permeato, spesso inconsapevolmente, nella cultura popolare da accettare perfino l’uso della parodia, vedi L’Inferno di Paperino o Totò all’Inferno, senza smarrire nemmeno una infinitesima parte della sua nobiltà. Questo è anche il nostro modo di esprimere una co-scienza civile per ripagare il nostro debito verso la società: l’idea infatti che ci sprona, ci lusinga e ripaga dei nostri sforzi è sempre quella espressa da un altro genio più recente, Dostoevskij, secondo il quale sarà la bellezza a salvare il mondo.
Frase di enorme letterarietà, slogan abusato, certo, apparentemente velleitario e soprattutto frainteso, ma non da noi: non siamo così ingenui da credere che esponendo molte più statue del Canova nelle piazze o quadri di Raffaello e Caravaggio negli uffici pubblici, men che meno i nostri ambiziosi lavori, scomparirebbero le ansie e le paure che ci attanagliano, le guerre, la povertà, le ingiustizie (per quanto le forme di Paolina Borghese, il sorriso della Madonna con l’ermellino o l’espressione trasognata di Bacco male non farebbero).
Il “genio crudele” fa pronunciare queste parole al principe Miškin, l’Idiota, ma nel testo originale hanno una rilevanza ambigua, quasi una evocazione lontana di leggerezza profonda. La traduzione italiana della frase dostoevskiana riporta la parola “bellezza” perché è quella più simile a quella russa di mano dell’autore, Krasotà, che non ha una corrispondenza letterale nella nostra lingua e il cui significato è però leggermente diverso: non è un concetto estetico, piuttosto un’idea molto più vicina al senso che intendiamo quando di qualcuno diciamo che è “una bella persona”, ha quindi un significato etico e morale ben più che di avvenenza o esteriorità. Sarebbe bello sapere come l’avrebbe tradotta Dante con una delle sue geniali invenzioni, ma di una cosa siamo sicuri che sarebbe
d’accordo con noi: non esistono belle persone rozze e ignoranti.
LA DIVINA CON I MEDIA
SABATO 23 OTTOBRE presso Multiplo di Cavriago Ore 10.30 inaugurazione: presentazione della mostra, letture a cura di Maria Antonietta Centoducati, videoproiezione del cortometraggio “Mi chiamo Dante e scrivo sonetti” di Daniele Lughini.
Ore 15.30 seminario di Gino Ruozzi, “Inferni e purgatori danteschi nei narratori contemporanei”, sull’opera di Dante Alighieri.
Ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria.Tel 0522373466 – multiplo@comune.cavriago.re.it – wa 3342156870
Sarà richiesto il green pass ad eccezione dei minori di 12 anni o per motivazioni mediche certificate.