La Fantascienza

| 28 Settembre 2023

Dovessimo definire la fantascienza in poche parole, potremmo descriverla come una straordinaria avventura dell’intelligenza e della fantasia. Sono questi due cardini fondamentali per lo studio e lo sviluppo di qualunque cultura, così come l’immaginario tecnologico e la tensione verso l’ignoto sono due stimoli imprescindibili per un viaggio di progresso dell’umanità.
Eppure la letteratura fantascientifica sconta una sempiterna considerazione di subcultura infantile. Anche nel cinema, nonostante capolavori di successo come 2001 Odissea nello spazio o la saga di Star Wars, il genere rimane sottovalutato, appesantito probabilmente da un lato dalle tante versioni puerili dell’invasione aliena modellate su “La guerra dei mondi” di H.G. Wells, dall’altro dall’idea prevalente negli ultimi anni per la quale ogni alternativa utopica al presente porterebbe alla catastrofe.
Al contrario, la fantascienza autentica, quella che ha fatto sognare e, perché no, riflettere le tante generazioni da Meliés in poi è quella adulta, irridente e sovversiva, quella che esplora i momenti nei quali la fantasia umana si è spinta oltre i confini del convenzionale, ha descritto in forme metaforiche o allegoriche il mondo in cui viviamo suggerendo un modo di non subirlo adattandovisi bensì di superarlo, quella che narra di sistemi e di economie universali, di società complete e conflittuali: in altre parole utopie, tanto necessarie in quanto ferreamente ancorate alla contemporaneità.


La letteratura fantastica è stata testimone, a volte fedele altre ambiguo, delle grandi speranze e dei grandi in-cubi che hanno caratterizzato il Novecento: l’idea che tutto sarebbe certamente cambiato appropriandosi del “molto che si inventa” a favore dell’umanità, gli ideali di riscatto e libertà, l’inevitabile uscita dalla “preistoria umana”, tutto spazzato via dalla globalizzazione di un capitalismo selvaggio che ha imposto sogni di plastica e desideri fasulli allargando sempre più la forbice ricco-povero e soprattutto dai terrificanti macelli delle due guerre mondiali.
Eppure, in un mondo soggiogato dal pensiero dominante di un presente immutabile (nel cuore dell’Impero, direbbe Asimov) si annida sorniona una “quinta colonna” che offre una via di fuga e suggerisce sogni non omologa-bili, fedele al fatto che la buona science-fiction è per natura sovversiva, foriera di altri mondi, migliori o peggiori che siano. Come scriveva Theodore Sturgeon: “Lo scopo della fantascienza è svegliare il mondo sull’orlo dell’impossibile (l’orlo della Fondazione, sogghignerebbe ancora Asimov, nda) e quindi, nel bel mezzo della sto-ria, studiare e cercare di scoprire qualcosa di nuovo, con la passione dello scienziato che esamina il suo esperimento o di un amante che guarda la persona amata”.


Nessuno è riuscito a descrivere questo orlo dell’impossibile meglio di Stanley Kubrick quando, già nel 1968, con una scena memorabile del suo capolavoro, ci ammonisce sulla progressiva robotizzazione dell’uomo e corrispondente umanizzazione dei robot: “… la mia mente svanisce… non c’è alcun dubbio… lo sento… ho paura… Buongiorno signori, sono un elaboratore HAL 9000, entrai in funzione alle officine HAL di Urbana nell’Illinois, il 12 gennaio 1992… Il mio istruttore mi insegnò anche a cantare una vecchia filastrocca: giro giro tondo… io giro intorno al mondo…” (la disattivazione del computer “ribelle” in 2001 – Odissea nello spazio, 1968). Questa idea di progressiva umanizzazione/robotizzazione è la stessa che ha spinto un autore sensibile come Isaac Asimov a dettare, dopo le tre famose leggi della Robotica, anche quelle dell’Umanica.
Cristalli sognanti (T. Sturgeon), penultime verità (P. Dick), persistenze della visione (J. Varley), metalli urlanti (Moebius), sono tutte visioni pericolose, ma per costruire un altro mondo bisogna avere grandi progetti. “Per conquistare il futuro bisogna prima sognarlo” (M. Piercy) e poiché la componente di ogni rivolta autentica, insieme alla disperazione, è la speranza di conquistare un futuro, tanto vale rischiare per uno troppo grande per essere con-tenuto nel mondo attuale.
Un futuro che può anche permetterci di osservare il nostro mondo dal punto di vista del mito, di un luogo nel quale si narra che abbia avuto origi-ne l’avventura umana che nel presente del tempo narrativo si svolge tra stelle, pianeti e asteroidi, a bordo di straordinarie navi spaziali. Un ribaltamento di prospettiva assai intrigante che pone interessanti quesiti etici.
Non si può negare che anche la fantascienza sia stata in buona parte risucchiata nel vortice dell’”immaginario unico”, non a caso da tempo si intravvedono pochi temi e nomi nuovi, ma è sempre in corso una sorta di “guerra dei sogni” nella quale è necessario resistere perché, se è vero che “un popolo che dimentica il suo passato non può avere futuro”, è altrettanto vero un paradosso che appare tale solo a chi non abbia confidenza con le utopie: un popolo che dimentica il proprio futuro, non ha né un presente né una speranza.