da L'ARTIFICIO | 29 Mar 2023 | L'artificio
di Simona Sentieri – Pittrice e poetessa
Ma l’Europa é seducente?
Oggi bisogna essere attraenti. Influencer, personal trainer, lifting, opinionisti, narcisisti. Tutti vogliono essere seducenti. Bisogna stirare le rughe, spianare i monti, riempire gli invasi dei fiumi, incipriare di neve artificiale, implasticare spiagge di giochi gonfiabili e laghi di passerelle galleggianti. Eh si, bisogna stare al passo coi tempi, ma attenzione ad ingozzarsi di hamburger e vitamine, ricucirsi e gonfiarsi, si fa presto a diventare poi un cestino urbano o meglio tanti cestini di raccolta differenziata, un centro di raccolta mondiale, non una vera e propria discarica, ma che tanto gli assomiglia. C’è una identità da qualche parte. Bisogna aprire le finestre, aprire aprire, lasciar entrare il sole! L’Europa è un continente luminoso che si allunga verso il Mediterraneo, verso il sole, e questo è seducente.
Quindi, l’Europa é seducente?
Vediamo. Spiano la cartina del mondo sul pavimento togliendole le pieghe, la posso osservare dall’alto come fossi un satellite e mi è evidente che l’Europa è solo un piccolo pezzetto di pelle sulla stessa faccia della Terra. È uno dei continenti più piccoli e il secondo più popoloso al mondo. Una frangia che si sfrangia sul Mediterraneo e si intinge nell’Oceano, un seducente prolungamento del continente Asia, una irregolare manciata di terra e coste che volge verso il posarsi del sole, colorata da 48 bandiere per 48 Stati, e una bandiera in più, azzurra e stellata per 27 di essi in una Europa nuova, dentro l’Europa. E così, in una Europa unita, non potranno essere ammessi dittatori, perché qui si produce democrazia, e questo è seducente.
Perchè l’Europa è seducente?
Molto è uscito, molto è entrato e molto è accaduto dentro questo continente Europa.
Provo a mettere nel carrello della spesa alcuni articoli di sopravvivenza che sono entrati:
i pomodori dall’America Meridionale, il mais dall’America Centrale, pure le castagne e persino le mele arrivarono dall’Asia e oggi solo in Italia ce ne sono almeno 400 varietà. Vado alla cassa e pago la spesa con cultura, arte, creatività, tradizione, bellezza. La bellezza è valore che paga. La bellezza è seducente. L’Europa è un continente che contiene giá molto di suo, dentro c’è un continente nel continente. Un piccolo nel grande, quel piccolo però è portante. Ci sono piccoli esseri umani, donne e uomini, in questa Europa, che sono una moneta, sono poeti e poetesse, scultori e scultrici, pittori e pittrici, cantautori e cantautrici, musicisti e musiciste, scrittori e scrittrici. Tutti sanno scrivere tra le righe già scritte, suonare note nuove già suonate, creare tra le cose già create. Non solo lifting e non solo influencer. È la creatività la forza dell’Europa, che ha a che fare con la memoria, con la sua storia. È romantico tutto questo e romantico è bello e se è bello allora seduce. In una Europa unita non può entrare più la guerra, e pure questo è seducente.
Si, l’Europa é seducente.
L’Europa è un pulp inquieto e irrequieto, coltiva un humus di arte e intelletto. L’Europa è continente che contiene e che produce bellezza. Se contiene, accoglie, se accoglie riceve ricambio, esperienze, innovazioni, crescita, trasformandole in bellezza. La bellezza seduce.
Non svendiamo la sua identità, identità che si percepisce persino guardandola sulla mappa del mondo. Questo piccolo lembo di terra, fatto di tante altre piccole terre, in mezzo a colossi che potrebbero schiacciarla e assoggettarla, perché si, l’Europa è seducente e se seduce tutti la vogliono. Europa, un continente fatto di grande bellezza. Non permetteremo a nessuno di sfregiarla.
da L'ARTIFICIO | 29 Mar 2023 | L'artificio
di Mimma Magnavacchi – Vice presidente de L’Artificio
L’Europa è il continente più piccolo e più denso di storia di tutto il pianeta. Non c’è nessun altro spazio continentale paragonabile. Nell’antichità, nel Medioevo, nel Rinascimento, fino ad oggi abbiamo avuto grandi civiltà e una produzione di modelli culturali e stili di vita ammirati e invidiati. Le maggiori potenze economiche e coloniali sono nate qui. E molti (troppi?) da ogni parte del mondo, con tutti i mezzi vogliono arrivare qui.
Ciò ha portato le classi dirigenti europee (e anche le popolazioni) a un rassicurante e pericoloso complesso di superiorità. Da Tardo Impero.
A scuola ci hanno insegnato che l’Europa va dall’ oceano Atlantico (stretto di Gibilterra) ai monti Urali. Adesso si è ristretta, si dice che va dal Portogallo alla Polonia. Praticamente l’Eurozona.
L’avvento dell’euro ha facilitato molto gli scambi culturali e di conoscenza tra gli Europei. E l’Italia deve mantenere rapporti privilegiati con i vicini Francia e Germania. Ma con spirito laico (cito Lucio Caracciolo/Limes) anche prendere atto che l’Unione Europea non è un rapporto d’amore, nemmeno di amicizia : è un campo da gioco, un’agorà, in cui difendere gli interessi nazionali. Facendo finta di volerci bene.
Sempre sotto tutela americana e Nato (ci sono alternative ?)
Aspettando i barbari.
Che ci illudiamo di non sentire arrivare.
DOPO OGNI GUERRA – Wislawa Szymborska
Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.
C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.
C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.
C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.
Non è fotogenico,
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono già partite
per un’altra guerra.
Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.
C’è chi, con la scopa in mano,
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto lì si aggireranno altri
che troveranno il tutto
un po’ noioso.
C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.
Chi sapeva
di che si trattava
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.
Sull’erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c’è chi deve starsene disteso
con una spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.
[da «La fine e l’inizio», traduzione di Pietro Marchesani]
[da «La fine e l’inizio», traduzione di Pietro Marchesani]
da L'ARTIFICIO | 29 Mar 2023 | L'artificio
di Lucio Braglia
Una cosa resta evidente: utopia non è da confondere con ideologia, almeno nel significato moderno di quest’ultima quale dottrina, più o meno valida oggettiva-mente, mantenuta in vita dagli interessi palesi o nascosti di coloro che se ne servono per il controllo dei comportamenti collettivi (Bobbio, Saggi sulla scienza politica in Italia). Dagli anni ’50 dura a tutt’oggi il dibattito sulla fine o sul declino delle ideologie con la tendenza alla contrapposizione fra “ideologico” e “pragmatico” e a scorgervi un sistema di idee dogmatico, dottrinario ed estremista.
Eppure quando nel 1801 Destut de Tracy creò il termine intendeva indicare “l’analisi delle sensazioni e delle idee” sull’onda del neo arrivato spiritualismo. Poiché alcuni filosofi di questa corrente osarono contrapporsi a Napoleone fu questi a usarlo per primo in senso dispregiativo definendo gli ideologi persone prive di senso politico e senza contatto con la realtà.
Alla fine dunque l’idea di una Europa unita cos’è: utopia, ideologia, un po’ di entrambe? Probabilmente è questa dicotomia la vera ragione di un disagio diffuso che non ci permette di vedere con chiarezza di cosa stiamo parlando. Non abbiamo nemmeno la certezza di fin dove possiamo spingere i limiti di questa costruzione, visto che ancora oggi come demarcazione dall’Asia adottiamo la linea che Von Strahlenberg disegnò nel ‘700 che parte dal Mar Glaciale Artico, corre lungo i monti Urali, segue quindi il corso del fiume Emba sino alle coste del mar Caspio terminando infine nel Mar d’Azov. I paesi di confine saranno sempre un po’ europei e un po’ no se prima non risolviamo il dilemma di base: siamo sul piano ossimorico di una utopia che acquisisce concretezza, su quello di una ideologia intesa come un filosofare
critico o su quello di un sistema di idee con spiccate componenti emozionali?
Alla filosofia spetta la risposta, alla politica le decisioni, a noi le conseguenze, ovvero l’inquietudine.
da Lucio Braglia | 13 Mag 2021 | L'artificio
UNA VISIONE QUI E ORA
Che cos’è il libero spazio per i visionari reclamato da Gianni Rodari se non la definizione più pura del fare arte.
Occorre però intendersi sul significato che si dà alla parola “visionario” che oggi ha acquisito una immeri-tata connotazione negativa: può essere colui che immagina e ritiene vere cose non rispondenti alla realtà o elabora disegni utopistici, un sognatore insomma; oppure può essere una persona particolarmente dotata della capacità di creare situazioni e immagini fantastiche, irreali e di forte impatto visivo, in arte si parla infatti spesso di “talento visionario”; poi c’è quello che da un piccolo elemento concreto riesce a intuire la potenzialità di uno sviluppo fuori del comune e che porta alle grandi scoperte scientifiche, lo scienziato visionario, non quello pazzo.
A me piace pensare questa parola in relazione al tempo più che all’essere, cioè immagino un visionario come colui che riesce a concepire una idea oltre qualunque limite temporale, che sia quello della propria vita o quello della vita di chiunque in qualunque futuro. Ecco perché un artista non può non essere anche un visionario se non vuole che la sua opera si riduca a una mera riproduzione di maniera di qualcosa esistente davanti agli occhi di tutti.
Fare arte però non prescinde nemmeno dall’hic et nunc: se la mente vola al futuro i piedi sono ben piantati in terra quando si vuole che in quello che si fa ci sia un messaggio chiaro e attuale. “Ogni grande opera d’arte ha due facce, una per il proprio tempo e una per il futuro, per l’eternità”, diceva Daniel Barenboim.
Quest’anno ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri: quale migliore esempio della sua Commedia per una visionarietà ben collocata al suo tempo, attualissima ancora oggi e della quale non si intravede nemmeno lontanamente la fine?
Ecco che il tema del mondo fiabesco e visionario di Rodari si presta magnifi-camente alla chiave interpretativa che L’Artificio ha voluto darne con i suoi fotografi.
Fabrizio Artoni si fa coinvolgere da un giorno di performance teatrali “on the air” chiamando alla sveglia l’intorpidita folla degli ignavi.
Claudio Panciroli “s’illumina d’immenso” davanti alla bellezza dell’unica cosa al mondo che appartiene a tutti e che nessuno può togliere a nessuno: un cielo pieno di forte intento metaforico verso l’infinito.
Claudio Salsi gioca con l’immaginazione infantile in modo ironico umanizzando il mondo dei pupazzi con la fantasia di un burattinaio.
Enzo Zanni scaturisce il concetto di infinito fra i due elementi che più gli si avvicinano nel nostro limitato orizzonte umano: il cielo e il mare.
Gianna Casella ripropone l’antico enigma di Giona nel ventre della balena che Collodi ha ribaltato su Pinocchio ponendo il burattino davanti al dilemma di una porta che non si sa dove conduca.
Luca Bertolotti cerca una luce che ci porti tutti fuori dal buio inquietante di una contemporaneità ostica e subdola.
Maria Grazia Candiani vola dolcemente sui sogni bambineschi di una età infantile che non ha limiti per sua stessa natura.
Nero Levrini ci riporta la poetica del fanciullino: quel bambino che c’è dentro ognuno di noi secondo Giovanni Pascoli.
Loretta Costi si libra in un mondo di fantasia con le sue sorprendenti sperimentazioni informali che gareggiano in libertà con le invenzioni fiabesche.
Mimma Magnavacchi ci riporta all’ironia popolare di detti e motteggi di uso comune dalla saggezza atavica.
Flavia Torreggiani si ricorda amorevolmente delle principesse di una volta.
Per parte mia mi immergo in un piccolo mondo dove possono accadere grandi cose, dal dramma alla realizzazione dei sogni.
Il mondo delle fiabe ritorna senza intenti moralistici, soltanto con la sua potenza evocativa, ad indicare che il tempo non è altro che una convenzione umana uno di quei tanti frutti della nostra immaginazione che siamo riusciti a collocare nella nostra realtà e ad utilizzare con una illusione di concretezza come fosse la realizzazione di una utopia ad ammonirci sulla nostra minuscola dimensione fisica e al contempo esaltarci nella nostra infinita dimensione intellettuale. Il famoso slogan giovanile degli anni ’70 “la fantasia al potere” era bello, poetico, ma sbagliato nell’ultima parola: “la fantasia, anzi, la visionarietà alla guida” è quello giusto. Il mondo ha più bisogno di visionari che di eroi.