LA NATURA CHE HA INVENTATO LA METAFORA

| 22 Aprile 2024

di Daniele Lunghini

Un raggio di sole sferza l’aria in un bosco. L’umidità e i pollini fanno da velo alle nudità di solidi arbusti spiranti al cielo. Noi spostiamo lo sguardo, vogliamo percepire le rugosità di colonne arboree che ondurrebbero i nostri occhi verso l’alto. Ma la visione è ancora opaca. Sentiamo lo scrosciare di una cascata. Noi lo sappiamo che è una cascata seppur non vedendola, coperta com’è da una parete rocciosa.
Un aroma di primizie estive chiama i nostri sensi e ci attrae, sirena tra onde di foglie, portandoci in una deriva solo all’apparenza seguendo una rotta definita. Finalmente ci troviamo alla fonte di quella musica aromatica, ma non la vediamo questa fonte: la natura si è svelata così ovunque come da nessuna parte, si è svelata e vela-ta allo stesso tempo.
Così a noi sembra che la natura non voglia mai mostrarsi del tutto. L’ambiente del creato è fatto così, si nasconde dietro altre creazioni che si nascondono dietro altre creazioni. Ma queste creazioni, alla fine, cosa sono? Co-me si adempiono? E attraverso quale chiave potremmo riuscire a immergerci nella realtà e superare le sue velature. Ecco arrivare in nostro soccorso i sensi e la loro raziona-lizzazione.

I sensi
Vediamo un’ombra in movimento. Ci avviciniamo e scopriamo che non è una persona, ma un oggetto. Ci avviciniamo e scopriamo che non è come sembrava, è molto più grande e inquietante. A quel punto ci chiediamo se continuare sino all’infinito a scansare i veli. Anche con i sensi e la loro razionalizzazione non sembra di poter arrivare a meta. Ma se la natura è atta a velarsi e a svelarsi all’infinito, è mai possibile raggiungere una definizione non sia in continua evoluzione? Perché in questa continua ricerca sembra che non ci sia senso, non ci sia conclusione, perché se è chiaro il percorso, non lo è affatto l’obiettivo. Perché, se è chiara la partenza, non ci è concesso essere svelato il punto di arrivo? Non ci è concesso fino a quando…fino a quando non pensiamo a un acquario: lui è la natura e noi siamo i suoi pesci.

L’acquario
E’ tutta qui la risposta: l’acquario! Era così semplice. Questa chiave di lettura non ti è chiara? Bene, allora continua a leggere fino alla fine e avrai la tua risposta. Ricapitoliamo: la natura gioca con i nostri sensi, che sono il nostro ponte interiore e funivia per l’esterno. Possiamo vedere, ma non sentiamo, sentiamo ma non odoriamo, il rumore che passa attraverso le mura ci svela una presenza ma non quale presenza. La natura si sve-la ma mai completamente, il quadro è sempre incompleto. E cosa facciamo quando non abbiamo chiara una cosa, quando perfino i sensi con il supporto della razionalizzazione sono fallaci? Gli assegniamo un significato. Questo perché noi diventiamo il pesce nell’acquario natura. Lei ci ha plasmato. La natura sa benissimo cosa fare e perché lo fa. Lei ci ha plasmato ma noi, come i pesci, siamo quindi spinti a dare del nostro. E questo nostro è darne un significato.

Il significato.
Con il significato assegnato, la natura ci concede di non impazzire quando apriamo porte che non conducono ad altro che ad altre porte. Questo “significato” sono le metafore. La natura ci ha spinto a inventare la metafora perché così noi si possa avere l’impressione di svelarla.
Le onde che cosa diventano? La nostra inquietudine. Il vento? La passione che ci spinge. Un sasso che ci cade in testa? Le verità che fanno male.
Non devi svelare, devi solo interpretare. Qual è la cosa più bella che la natura ci svela ogni volta?

Una grande e meravigliosa metafora.


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