TRA UTOPIA E REALTÀ

| 22 Aprile 2024

di Mimma Magnavacchi

«Natura é tutto ciò che noi vediamo: il colle, il pomeriggio, lo scoiattolo, l’eclissi , il calabrone. Ovvero, la natura é il paradiso. Natura é tutto ciò che noi udiamo: il passero, il mare, il tuono, il grillo. Ovvero, la natura è armonia». (Emily Dickinson)
In realtà la natura ci ha sì meravigliato con la sua bellezza, ma anche spaventato con la sua potenza e imprevedibilità . Tanto da rendere i suoi elementi i primi oggetti di culto: Sole, Cielo, Terra, Fiumi , Montagne sono state le prime divinità, in diverse culture anche lontane tra loro. In una visione che oggi diremmo ‘ecocentrica’. (Poi il Cristianesimo ha portato a una prospettiva ‘antropocentrica’, l’uomo al vertice della Creazione, che forse ha aiutato il nostro progresso, ma questa è un’altra storia)
Anche con l’arte il rapporto è stato strettissimo: le prime pitture rupestri, del Paleolitico superiore, erano realizzate sulle pareti di roccia nelle caverne e raffiguravano animali con tratti realistici incredibili. Poi, dopo il periodo greco romano dominato dalla figura umana (ma mosaici e affreschi delle ville romane e pompeiane sono ispirati alla natura), si arriva al Rinascimento ove il paesaggio era soprattutto uno sfondo. Nel’600 iniziano vedutismo e paesaggismo, con il motivo del ‘sublime ‘ e del ‘pittoresco’ che poi dominerà il Romanticismo. Fino ad arrivare agli anni ’60, con la Land Art americana dove la natura é essa stessa opera d’arte, spesso percepibile dall’alto di una visione aerea.

Il rapporto dell’uomo moderno con la natura è complesso, spesso sottende un’aspirazione utopistica: in realtà in tutto il mondo la tendenza è l’urbanesimo, la gentrificazione, l’abbandono di campagne e foreste verso le megalopoli, le periferie, l’emigrazione di massa verso città che garantiscono servizi più efficienti.
“Siete voi di città che la chiamate Natura. È così astratta nella vostra testa che è astratto pure il nome. Noi qui diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia. Cose che uno può indicare con il dito. Cose che si possono usare. Se non si possono usare un nome non glielo diamo, perché non serve a niente”. (Paolo Cognetti, ‘Le otto montagne’)

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